mercoledì 24 novembre 2010

Pane: per forza nel forno?

Premessa.
In questi giorni sono spesso fuori casa, devo fare dei lavori e vado da mia suocera o da mia madre così mi tengono la bimba. Bene, anzi benissimo, peccato però che non sia riuscita a farmi il pane e sono due giorni che mi barcameno a pranzo e cena per fare pietanze che non necessitino di pane. Ci sono le patate, oppure si fa un primo abbondante, ok. C'è la pizza, è vero, ma bisogna far lievitare e accendere il forno. Il problema, più che altro, si verifica la mattina: Clara vuole pane e marmellata, magari con un velo di burro (che è praticamente l'unico momento in cui noi mangiamo il burro, infatti ci dura più di un mese). L'alternativa è lo yogurt con le albicocche secche e le noci sminuzzate o la mela fresca a pezzetti. Si può fare, ma vedo che quando ha anche un po' di pane riesce ad affrontare la mattina più serenamente, altrimenti dopo poco le viene fame e si avvita in un turbine di capricci e fastidi. 

Che fare, quindi: mi sarei ritrovata per la terza mattina consecutiva senza pane. Di farlo non se ne parla proprio, non tanto per i tempi di lievitazione, perchè con il lievito di birra in un'ora e mezza di sera si fa tutto. Di accendere il forno un giorno sì e l'altro pure per qualsiasi cosa, però, proprio non mi andava. 


La soluzione.
Sotto la doccia mi è salito un pensiero: mi sono ricordata che tempo fa, quando avevo trovato la ricetta del pane arabo, avevo letto che si poteva cucinare anche in una padella rovente. Beh, proviamoci, potrebbe essere un'alternativa interessante. 

Ho provato a impastare: 
250 gr di farina (ho usato la 0 che avevo in casa, ma secondo me rende meglio un mix con l'integrale)
125 gr abbondanti di acqua
10 gr di lievito di birra fresco
1/2 cucchiai di olio extravergine di oliva 
sale tre pizzichi, ho fatto un po' a occhio

Ho impastato tutto fino a ottenere un impasto morbido, ben idratato, non deve essere duro. In caso gestite acqua e farina, perchè dipende molto dalla tipologia della farina (quelle più raffinate dovrebbero assorbire più acqua di quelle integrali, ma ammetto di aver letto tutto e il contrario di tutto sul web, meglio imparare a fare a occhio).
Ho lasciato lievitare la pasta per un'oretta, fino a quando mi sembrava almeno raddoppiata. Intanto mi sono messa su internet a cercare informazioni e ho trovato questa ricetta sul forum Cookaround. Mi ha confortato, la mia intuizione non era infondata.

Dopo un'oretta ho diviso la pasta in 6 palline, steso dei dischi di un centimetro di spessore e lasciato lievitare per altri 15 minuti, poco meno. Arroventata una padella di ghisa - ma credo vadano bene anche di altro tipo, si devono fare delle prove - senza alcun tipo di condimento, ci ho sbattuto dentro i dischi di pasta e fatto cucinare per 2/3 minuti per parte. Alcuni hanno iniziato a gonfiarsi, altri meno. 

Ecco fatto, il pane è pronto. Sono venuti fantastici: morbidi, ben cotti, fragranti. Insomma, non è che è un'alternativa al pane, è proprio un pane vero! Lo abbiamo mangiato subito, da solo, per provarlo e questa mattina con la marmellata. Secondo me con il miele e le noci è fantastico.



Annotazioni sulla ricetta.
Affinchè si gonfino è preferibile seguire la suddivisione delle lievitazioni che c'è sulla ricetta: 10 minuti la pasta tutta insieme, 1 ora i dischi di pasta. In questo modo si formano le bolle d'anidride carbonica del lievito. Il procedimento è simile a quello della piadina romagnola, ma la lievitazione consente di avere un pane morbido, non schiacchiato come la piada (che comunque è proprio buona, magari con l'olio e non con lo strutto).




Conclusioni
Farsi il pane da sè è un atto rivoluzionario. Significa potersi riappropiare delle basi della nostra vita, dei mattoni su cui abbiamo costruito le nostre giornate. Il pane è condivisione, si spezza in famiglia o tra amici; è cultura, ogni popolo ha una sua tradizione; è un vero fast food, con un panino mangi senza spendere tanto e te lo puoi portare ovunque; è per tutti, è uno dei primi alimenti solidi che si da ai bambinie uno degli ultimi da cui si allontanano; è basilare, alla fine basta che ci sia il pane. 
Questo pane cotto in padella probabilmente è ancora più antico di quello cotto al forno,(la ricetta è marocchina, ma credo che lo si possa trovare in tutte le tradizioni). Conoscerlo ci fa capire meglio come funziona il processo di panificazione e ci permette di avere delle armi di riserva in tutte le occasioni. 

Non abbiamo lievito? Creati la pasta madre oppure prova il pane azzimo. 
Non hai il forno? Cuocilo sulla padella.
Non lo puoi fare spesso? Impasta delle panelle grandi che restano morbide di più.

La cucina non è fatta di ricette, ma di alimenti e tecniche di elaborazione. Se li conosciamo possiamo realmente ottimizzare la nostra spesa, le verdure che abbiamo nell'orto o quel pacco di chissacchè che ci hanno regalato. Se, invece, viviamo di ricette - più o meno facili - siamo schiavi dei singoli ingredienti, magari bravi cuochi, ma sempre schiavi. Se ci manca un ingrediente, restiamo in mutande. 
Il pane, se lo sappiamo ascoltare, ci insegna anche questo.

Il nostro mondo storto

"Una mattina d'inverno, le disgrazie d'altronde capitano spesso d'inverno, il mondo si sveglia e scopre che non ci sono più petrolio, nè gas, nè carbone nè corrente elettrica. A dir la verità, un po' di corrente esiste ancora. Laddove l'aqua a girare le turbine c'è forza elettrica, ma è poca cosa. Il problema sono gasolio, benzina, gas, insomma tutto ciò che tiene in vita i motori, e di conseguenza anche la gente, visto che la gente dipende dai motori.
L'umanità, comunque, non scopre quella mattina di essere a secco, quella mattina si dà da fare per non morire, ma la disgrazia è arrivata un po' alla volta. [...]




"Ah, Dio benedetto, cosa abbiamo combinato, cosa abbiamo perso senza rendercene conto!" dicono i superstiti. "Abbiamo perso l'uso delle mani, dimenticato la sapienza, non sappiamo più fare un orto, piantare patate, radicchio, prendere un tordo con il vischio. Cos'è il vischio? Non l'ho nemmeno mai sentito nominare. Ah come siamo ridotti! In che trappola siamo finiti! Dio benedetto aiutaci!".
"Colpa vostra" risponde Dio nelle coscienze dei rimasti vivi. "Vi avevo dato tutto, terra, acqua, foreste, animali, pesci , aria buona. Ma volevate di più. Ogni giorno di più. Avete distrutto ogni metro di terra, rovinato la natura, avvelenato l'aria, inquinato l'acqua, impestato il mondo di oggetti inutili quando a vivere bastava così poco. E vi sarebbe avanzato tempo per godervi l'esistenza che è assai breve. Vi ho dato vita corta apposta. Avevo capito che sareste diventati coglioni. Del resto, cominciarono Adamo ed Eva a essere coglioni, e voi siete di quella pasta. [...]".


"La fine del Mondo Storto", Mauro Corona, ed. Mondadori, 2010

martedì 23 novembre 2010

Che i dolci siano veramente dolci!

Nella mia cucina c'è una piramide alimentare diversa dal solito: c'è quella con i nutrienti che si devono assimilare (vedi quella diffusa dall'INRAN, Istituto Nazionale per la Ricerca sull'Alimentazione e la Nutrizione, per capirci), ma c'è anche quella della preziosità degli alimenti. È una scala di importanza che ho preparato io (sulla base della mia sensibilità) e che si basa su quante energie, risorse e fatica sono necessarie per generare un cibo. Mi dà la misura reale di cosa sto mangiando e dà un senso a ogni mio pasto. 

Possiamo mangiare come se fosse sempre Natale? 
Possiamo basare le nostre ricette solo su un fatto estetico?
Possiamo sprecare in nome della dolcezza?

Nella mia piramide, al vertice, ci sono gli alimenti di origine animale. Se non fossimo vegetariani sopra ci sarebbero la carne e il pesce, alimenti che dovrebbero essere mangiati saltuariamente, quando c'è un reale motivo - un avvenimento, una festa importante. Dobbiamo ricordarci, infatti, che una mucca sfama più bambini quando è viva e non quando è morta. Da morto un'animale dura poco, da vivo è un vero tesoro. E proprio su questo principio nasce la preziosità di latte, formaggi e uova: si tratta di proteine di alto valore biologico e qualitativo (contengono catene di aminoacidi essenziali complete), molto importanti per l'organismo umano e del tutto uguali a quelle contenute nella carne. Contengono, inoltre, la famosa vitamina B12, essenziale per l'uomo e prodotta dai batteri e normalmente contenuta nello "sporco". I prodotti animali la contengono perchè gli animali la ingeriscono nel cibo sporco. 
Una preziosità faticosa da creare, però! Per la mucca fare il latte richiede molta energia, anche perchè ne deve produrre per il suo vitellino e per noi (negli allevamenti industriali gli viene sottratto il vitellino e vengono "spremute" così tanto che dopo due anni non sono più in grado di produrre latte). Per la gallina lo è altrettanto per le uova. Possiamo avere un'idea cosa significhi questo sfruttamento quando le mamme allattano i bambini, mammiferi esattamente come le mucche: hanno bisogno di circa 500 calorie in più al giorno per far fronte all'energia richiesta dall'allattamento. La richiesta di nutrienti e sostanze vitali è aumentata di molto e non è raro vedere mamme sempre un po' pallide, stanche o con più capelli bianchi.  
Siamo mammiferi, animali, anche noi, dobbiamo esserne consapevoli. Come tali non possiamo non avere pena per la fatica anche degli animali, esattamente come ce l'avremmo quando vediamo un uomo spingere un aratro per seminare un campo: sprecheremmo con leggerezza il pane prodotto con il frumento da lui coltivato?

E allora perché i nostri dolci sono ricchissimi di latte, burro e uova?
Eppure i dolci non sono indispensabili al nostro nutrimento.  

I dolci fanno parte della nostra cultura e sono capaci di trasformare qualsiasi occasione in una vera festa. Non c'è compleanno senza un torta, non c'è Natale senza panettone, questo avviene oggi ed è sempre avvenuto fin dall'antichità. Le feste sono senz'altro dei momenti da celebrare con gioia e solennità e, in questa visione, l'utilizzo di latte e uova forniscono un ulteriore elemento di ricchezza all'avvenimento. Oggi, però, siamo abituati a mangiare dolci ogni giorni: merendine, biscotti, torte, croissant, ecc. Tutti impasti in cui sono presenti latte, burro, uova, spesso anche in grande quantità. 

Ma voi lo sapete quanta ricotta si ottiene da 2 litri di latte?
200 gr. Pochissima. 

Pensate allora a quanto latte serve per il burro che c'è nella pasta frolla con cui sono fatti i biscotti frollini o le crostate, entrambe ricette semplici che nel tempo sono diventati dolcetti quotidiani, da mangiare con leggerezza e senza pensarci. Senza pensare alla fatica e alla stanchezza che avremmo noi se dovessimo produrre tutti gli ingredienti utilizzati. Un dolce così ricco, non può essere quotidiano, è un lusso.

Perchè, quindi, non trovare un'alternativa sana e sostenibile?

Ecco la ricetta base per la pasta frolla: 
- 300 gr di farina
- 50 gr olio di semi
- 70 gr acqua
- 100 gr zucchero (anche meno a seconda dei gusti)




Potete aggiungere dell'uvetta, tritarla e unirla all'impasto fin dall'inizio, accrescerà la dolcezza dell'impasto e potrete diminuire la quantità di zucchero (d'altra parte nell'antichità i dolci si facevano con miele e frutta essiccata). 

Con questa pasta frolla potete: 
- fare delle palline da schiacciare e infornare per 15/20 minuti a 220°, dipende dallo spessore della pasta, tenete presente che non devono diventare duri in forno, si seccheranno dopo;
- stendere la pasta su una tortiera e riempirla di marmellata, con della pasta che vi è avanzata fare delle striscioline con cui fare la classica rete sopra la marmellata, infornare per 25/30 minuti a 180°. 

La ricetta è proprio semplice, potete migliorarla a piacimento anche con altre farine (quella di riso o di mais), con qualche spezia come la cannella, con oli di maggiore gradimento o altro ancora. 

L'unico ingrediente che manca al nostro lusso quotidiano è solo la fatica. Di fantasia per rendere biscotti e crostate ancora più buoni ne abbiamo da vendere. 

giovedì 11 novembre 2010

San Martino: si raccoglie ciò che si semina.

Oggi è l'11 novembre, festa San Martino.
Su festeggia un po' in tutta Europa, chi per la sua leggenda, chi per ciò che rappresentava nella tradizione. Al di là degli aspetti religiosi e spirituali, questa festa è un appuntamento particolare nel corso dell'anno: possiamo dire è la fine dell'anno per la natura, da qui in avanti si deve ricominciare. 

Un tempo, infatti, a San Martino si concludevano i contratti dei mezzadri, per cui c'era chi veniva "rinnovato" e chi, invece, doveva traslocare e trovarsi un nuovo padrone da cui andare a vivere e lavorare. Da qui deriva il modo di dire "fare San Martino", ovvero traslocare. Sempre in questi giorni, si ricorda l'estate di San Martino. In questi giorni, infatti, spesso capita di avere giornate più tiepide (è vero, qui non fa per nulla freddo) e soleggiate (questo è un po' più complesso da dire, almeno qui nell'alluvionato nord-est): è l'ultimo colpo di coda dell'autunno, passate queste giornate inizierà il freddo e l'inverno. 

San Martino, quindi, è una sorta di giro di boa dell'anno: ciò che è stato fatto ormai è concluso e non c'è più possibilità di rimediare, se i contadini avevano operato bene avevano cibo garantito per l'inverno, se invece non era così la stagione sarebbe stata probabilmente molto più fredda e difficile. In questo senso si chiude un ciclo e se ne apre un altro: è come un capodanno del mondo agricolo, della terra. 

Si ritorna alla stagionalità di cui abbiamo parlato nel post precedente: è sempre un ciclo che ci consente di rigenerarci e rinascere dalle nostre ceneri. L'inverno è una stagione riflessiva, intellettuale, è quel periodo di pausa che ci consente di ragionare su ciò che abbiamo fatto e su ciò che vorremmo fare. Le attività pratiche (fisiche) si riducono fortemente, le notti lunghe ti spingono a riflettere, il freddo contrae i muscoli che preferiscono restare fermi. Si muove, sempre più forte il cervello che inizia a ragionare su quello che abbiamo fatto nei mesi precedenti, su come dovremmo agire in quelli successivi, sulla strada che abbiamo intrapreso, su ciò che dovremmo imparare per migliorare, su quali sono i possibili futuri che ci aspettano. 

Come tutte le feste, invernali, per quanto possano rappresentare momenti cupi, c'è sempre una costante: la luce. Ovvero, la speranza di una nuova primavera, di una rinascita. È per questo che sono molto diffuse le feste con i falò o con le lanterne, perchè è importante portare la luce dove c'è buio. 




Anche noi, quindi, abbiamo fatto la nostra lanterna di San Martino. E in vero Depuriamo Style è stata fatta solo con cose che avevamo in casa. L'idea l'ho presa da questo video, che è pensato per delle lanterne per halloween, ma è una tecnica che va bene per tutto l'anno. L'ho, però, riadattata alle mie esigenze, o meglio ciò che avevo in casa. Ecco cosa serve: 

- barattolo di vetro 
- carta velina colorata
- colla vinavil o colla fai da te
- pennello
- fil di ferro
- nastro per decorare

Io non avevo la vinavil, ma mi sono ricordata che in un qualche modo si poteva fare una colla fai da te con la farina di riso, non avevo neppure la farina di riso e quindi l'ho fatta con quella di grano. È un composto di acqua e farina da far bollire. Rispettate quello che dice la ricetta: spegnete quando inizia ad addensarsi e non fate come me che ho aspettato un sacco, a me è diventata una sorta di malta. Funziona, ma sembra malta.



Procedimento: 
- tagliate a pezzettini la carta velina, 2/3 cm
- prendete il barattolo di vetro e attaccate questi pezzettini in modo disordinato sul vetro picchiettando con un pennello intinto nella colla, il pezzetto di deve completamente bagnare
- coprite tutto il barattolo con i pezzetti di velina, anche il fondo, senza arrivare al bordo, lasciando giusto un paio di millimetri
- lasciate asciugare (io non l'ho fatto perchè avevo poco tempo)
- prendete il fil di ferro, quello morbido, e giratelo sull'imboccatura del barattolo in modo che la scanalatura del tappo formi uno scalino che ferma il barattolo; per fare la maniglia ingegnerizzatevi un po', è facile, ma ho visto che è meglio adattarsi alla durezza/morbidezza del fil di ferro e che non esiste una regola fissa (sul video, comunque, fa vedere come si fa)
- coprite il fil di ferro con del nastro, io ne ho usato uno in cotone recuperato da un regalo e ho rivestito anche la maniglia.  
- mettete dentro una candelina (mica facile, il mio barattolo era alto!)

Ecco la lanterna di San Martino, forse non andremo a fare le processioni come si usa nel nord Europa, ma almeno ci teniamo in casa un po' di speranza.



E cosa facevano molti contadini dei secoli scorsi quando non trovavano più padrone? 
Chiedevano l'elemosina in nome di San Martino che si era spogliato delle proprie vesti per aiutare i più poveri. E cantavano. E in base a ciò che ricevevano concludevano la canzone. 

Se avevano ricevuto qualcosa dicevano:

E con questo la ringraziemo 
Del bon animo e del bon cuor
Un altro ano ritorneremo
Se ghe piase al bon Signor
E col nostro sachetin
Viva, viva San Martin.

Se non ricevevano nulla, invece:

Tanti ciodi gh'è in sta porta
Tanti diavoli che ve porta
Tanti ciodi gh'è in sto muro 
Tanti bruschi ve vegna sul culo.

(la canzone è veneta, se volete traduco: c'è qualche dubbio sui bruschi?)

lunedì 8 novembre 2010

Novembre: come si vive?



In NOVEMBRE nella cucina di DePuRiAmo c'é:
Frutta - cachi, fichi, castagne, kiwi, mandarini, melagrane, mele, pere, uva, mandorle, nocciole, noci
Verdura - broccoli, carote, cavolfiori, cavoli, cavolini di Bruxelles, cicoria, valeriana, erbette, finocchi, funghi selvatici, lattuga a cappuccio, lattuga riccia, patate, porri, scalogni, sedano rapa, spinaci, zucche 

Perchè dovremmo rispettare la stagionalità?
I più bravi diranno: "perchè si rispetta il ritmo della natura, non si soffoca la terra con l'agricoltura intensiva, si riduce l'impatto ambientale". Tutto vero. Verissimo e santissimo. Ma è tutto qua?  

Mi ritorna in mente l'idea di in un altro post: noi facciamo parte della natura, anzi noi siamo natura. La natura ha un ritmo, è un ritmo circolare, ciclico. Primavera, estate, autunno, inverno e poi si ricomincia. C'è un inizio, una maturazione, il declino e la fine, e poi si riparte con un nuovo inizio. Luce, buio, luce, buio, luce, buio e avanti. Se è vero che noi siamo parte della natura significa che anche noi seguiamo fisiologicamente questo ciclo, no?

Domanda: che differenza c'è tra una delle nostre giornate in inverno rispetto a una in estate? Probabilmente solo l'abbigliamento. Gli impegni e le attività sono sempre gli stessi, non c'è il minimo cambiamento di ritmo. Eppure, se ci fermiamo a sentire cosa proviamo, qualche differenza ci sarebbe: desiderio di intimità e calma in autunno, bisogno quasi fisico di movimento in primavera. 

Viviamo una vita lineare in cui ogni giorno è un nuovo giorno: le zucchine ci sono in tutte le stagioni, l'abbronzatura è always on, ci si muove sempre in macchina, c'è fresco in estate e caldo in inverno, la palestra per il dopo-ufficio, la coppa fragola a Natale. Abbiamo tutto in qualsiasi momento, eppure se perdi un'occasione oggi questa non tornerà mai più. Non essendoci alcuna ciclicità, non c'è un ritorno, c'è solo un upgrade. E allora non puoi non andare in montagna questo inverno, non puoi non andare in vacanza questa estate, non puoi non cambiare la macchina adesso, non puoi prendere quegli stivali il prossimo anno, non puoi farti mancare nulla. Il domani non esiste. E tu sei sempre giovane.

E invece la stagionalità è una cosa bellissima. 
Se imparo a vivere come le mie cellule vorrebbero, posso scegliere di aspettare, di non preoccuparmi, perché ho tutta la vita di fronte. Ho tanti anni di primavere-estati-autunni-inverni che mi aspettano e se la neve non viene quest'anno verrà il prossimo perché, che io lo voglia o no, l'inverno arriva sempre nello stesso momento. È serenità, è tranquillità, è finalmente un letto dove dormire al momento giusto. Perché è normale che in inverno io abbia voglia di stare a casa, è normale che in primavera io abbia voglia di uscire e non stare chiusa in un ufficio. Perchè la vita non è una linea nel grafico di produttività personale. Perchè se non lavoro per 5 o 6 anni per fare la mamma non è un problema, dopo ci saranno ancora sempre le stesse stagioni da vivere, la stessa gente, lo stesso mercato in cui rientrare.

La nostra vita non è lineare: è ciclica come è ciclica la natura. Il ritmo del nostro corpo è ciclico (veglia/riposo) e la storia della nostra vita pure. Nasciamo, cresciamo, diventiamo grandi e poi invecchiamo e ci facciamo da parte per poi reimmetterci nella vita sotto forma di altra energia. 

Non è solo una questione di modi di fare. La verdura di stagione, le feste, i riti e tutto quanto sono importanti, ci aiutano a ragionare e dare un senso alle nostre giornate. Prima di tutto, però, una questione di atteggiamento mentale. Fermati: esci in giardino, respira a fondo cercando di riempire tutta la pancia, la senti l'aria fredda dell'autunno nei polmoni?, la senti l'umidità della sera sulla pelle?, adesso espira svuotando tutta l'aria che hai dentro, guarda le stelle e tocca con la mano nuda la terra che c'è sotto i piedi, loro erano lì prima di te e lo saranno dopo di te, ora rientra in casa lascia che a guidare siano le tue cellule. 

martedì 2 novembre 2010

E a colazione? Pane e nutella.

Casa DePuRiAmo, mattina ore 7,30.
Mi alzo e la piccola nanetta mi dice: "maata". Che ne suo linguaggio significa: "Cara madre adorata, per favore, per piacere, per cortesia, posso avere una fetta di pane con del burro e della marmellata?". (o almeno io me la racconto così...). 
Va bene che il pane è fatto in casa e dentro ha noci e uvetta, è vero che il burro è bio e la marmellata è home made, ma proprio ogni giorno? Non possiamo cambiare un po?

E allora quali sono le alternative di una colazione sana e adatta ai bambini?
Intanto dobbiamo assolutamente garantire energia a rilascio prolungato, quindi ci devono essere i cereali. Poi servono un po' di grassi buoni mescolati a minerali, vitamine e compagnia. Magari con qualcosa di crudo, di fresco che possa dare zuccheri e vitalità immediata.  

In altre parole le soluzioni possibili sono queste - da combinare come si preferisce: 
- yogurt con frutta fresca, miele e fiocchi di avena (magari ammollati la sera prima)
- pane integrale con le noci e un po' miele spalmato
- macedonia con mele, limone e cannella (in questa stagione), e magari una granella di nocciole e mandorle
- tisana alla rosa canina e altri frutti rossi e dei paninetti con uvetta, mirtilli rossi, noci e mandorle
- muffin alle mele (senza uova e burro)

E pane e nutella?
"In non compro quel prodotto del demonio a base di zucchero e grassi idrogenati!".
Ma ti perdi una delizia!
Col cavolo. Me la faccio da me.


Questa è la ricetta per fare una crema di nocciole totalmente fai da te. Nella sua versione più salutista è adattissima anche ai bambini con le madri più esigenti perchè non contiene zucchero. Non è solo un'alternativa sana per la colazione, ma può diventare anche un'idea regalo per Natale o per qualche compleanno (d'altra parte mancano meno di due mesi, dobbiamo iniziare a organizzare regali depurati). 
Ecco come fare.

CREMA ALLE NOCCIOLE E CIOCCOLATA - Versione salutista
Per 2 vasetti:
150 g nocciole sgusciate e tostate
200 g di malto di grano
100 ml di latte di soia alla vaniglia (o latte di riso fai da te)
10 cucchiai di olio di semi di mais spremuto a freddo
3 cucchiai di cacao amaro in polvere
1 pizzico di vaniglia 
1 pizzico di sale

Come prima cosa dovete triturare le nocciole il più possibile. Io credo che chi ha il bimby possa ottenere la perfezione, ma chi non ce l'ha e deve usare un frullatore normale deve accontentarsi di ottenere una granella più o meno fine a seconda di quanto frulla. Si aggiunge, quindi, il latte e si frulla ancora per amalgamare. Io preferisco non mettere tutto il latte, ma solo una metà perchè voglio decidere dopo la consistenza. A questo punto unite tutti gli altri ingredienti e frullate ancora fino a ottenere una morbida crema spalmabile. 



CREMA ALLE NOCCIOLE E CIOCCOLATA - Versione golosa
Invece di usare il malto (che fra l'altro è costoso) potete utilizzare lo zucchero. Non l'ho mai fatto, ma secondo me è preferibile lo zucchero a velo così non si rischia di sentire i granelli di zucchero. Per il quantitativo potete partire da 80 g e poi aggiungere progressivamente fino a ottenere il sapore desiderato.

(Ricetta tratta da "La Cucina Etica per mamma e bambino" di E. Barbero e A. Sagone, ed. Sonda, 2010) 


Questa ricetta non prevede l'uso di burro, uova o latte, esattamente come quasi tutte le ricette per dolci che solitamente faccio a casa. Da un punto di vista alimentare i dolci non sono necessari, tanto meno lo sono alla crescita di un bambino. Per la dolcezza e gli zuccheri, infatti, basta la frutta, al massimo il miele. Entrambi questi cibi, fra l'altro, non apportano solo zucchero, ma donano al corpo vitamine e minerali fondamentali per vivere. Di schemi e tabelline, però, non si vive. Non siamo macchine e non possiamo negare quanto un dolcetto, ma anche qualunque altra preparazione culinaria, possa rasserenarci la giornata, renderci più felici, far apparire un sorriso non solo sul visetto di un bambino, ma anche su quello di un adulto. 
Eliminare i dolci in nome di una superiorità alimentare è una sciocchezza, ma certamente non possiamo pensare di sprecare cibo ed energia per essi. Per questo, nella realizzazione dei dolci cerco sempre di seguire ricette veramente etiche e che non provocano sofferenza, inquinamento, impatto ambientale. Non uso uova e non uso burro, al massimo lo yogurt per preparazioni particolari. Si può fare benissimo a meno di questi alimenti ed è possibile sostituirli sempre, olio al posto del burro, latte di soia o riso al posto di quello di mucca, le uova non sono mai indispensabili, a parte per qualche dolce al cucchiaio, ma in rete ci sono moltissime alternative.

Che i dolci siano dolci per tutti, altrimenti non saranno mai veramente dolci! 

(resta il fatto che la nana vuole sempre e solo la sua "maaata", sigh)