Su festeggia un po' in tutta Europa, chi per la sua leggenda, chi per ciò che rappresentava nella tradizione. Al di là degli aspetti religiosi e spirituali, questa festa è un appuntamento particolare nel corso dell'anno: possiamo dire è la fine dell'anno per la natura, da qui in avanti si deve ricominciare.
Un tempo, infatti, a San Martino si concludevano i contratti dei mezzadri, per cui c'era chi veniva "rinnovato" e chi, invece, doveva traslocare e trovarsi un nuovo padrone da cui andare a vivere e lavorare. Da qui deriva il modo di dire "fare San Martino", ovvero traslocare. Sempre in questi giorni, si ricorda l'estate di San Martino. In questi giorni, infatti, spesso capita di avere giornate più tiepide (è vero, qui non fa per nulla freddo) e soleggiate (questo è un po' più complesso da dire, almeno qui nell'alluvionato nord-est): è l'ultimo colpo di coda dell'autunno, passate queste giornate inizierà il freddo e l'inverno.
San Martino, quindi, è una sorta di giro di boa dell'anno: ciò che è stato fatto ormai è concluso e non c'è più possibilità di rimediare, se i contadini avevano operato bene avevano cibo garantito per l'inverno, se invece non era così la stagione sarebbe stata probabilmente molto più fredda e difficile. In questo senso si chiude un ciclo e se ne apre un altro: è come un capodanno del mondo agricolo, della terra.
Si ritorna alla stagionalità di cui abbiamo parlato nel post precedente: è sempre un ciclo che ci consente di rigenerarci e rinascere dalle nostre ceneri. L'inverno è una stagione riflessiva, intellettuale, è quel periodo di pausa che ci consente di ragionare su ciò che abbiamo fatto e su ciò che vorremmo fare. Le attività pratiche (fisiche) si riducono fortemente, le notti lunghe ti spingono a riflettere, il freddo contrae i muscoli che preferiscono restare fermi. Si muove, sempre più forte il cervello che inizia a ragionare su quello che abbiamo fatto nei mesi precedenti, su come dovremmo agire in quelli successivi, sulla strada che abbiamo intrapreso, su ciò che dovremmo imparare per migliorare, su quali sono i possibili futuri che ci aspettano.
Come tutte le feste, invernali, per quanto possano rappresentare momenti cupi, c'è sempre una costante: la luce. Ovvero, la speranza di una nuova primavera, di una rinascita. È per questo che sono molto diffuse le feste con i falò o con le lanterne, perchè è importante portare la luce dove c'è buio.
Anche noi, quindi, abbiamo fatto la nostra lanterna di San Martino. E in vero Depuriamo Style è stata fatta solo con cose che avevamo in casa. L'idea l'ho presa da questo video, che è pensato per delle lanterne per halloween, ma è una tecnica che va bene per tutto l'anno. L'ho, però, riadattata alle mie esigenze, o meglio ciò che avevo in casa. Ecco cosa serve:
- barattolo di vetro
- carta velina colorata
- colla vinavil o colla fai da te
- pennello
- fil di ferro
- nastro per decorare
Io non avevo la vinavil, ma mi sono ricordata che in un qualche modo si poteva fare una colla fai da te con la farina di riso, non avevo neppure la farina di riso e quindi l'ho fatta con quella di grano. È un composto di acqua e farina da far bollire. Rispettate quello che dice la ricetta: spegnete quando inizia ad addensarsi e non fate come me che ho aspettato un sacco, a me è diventata una sorta di malta. Funziona, ma sembra malta.
Procedimento:
- tagliate a pezzettini la carta velina, 2/3 cm
- prendete il barattolo di vetro e attaccate questi pezzettini in modo disordinato sul vetro picchiettando con un pennello intinto nella colla, il pezzetto di deve completamente bagnare
- coprite tutto il barattolo con i pezzetti di velina, anche il fondo, senza arrivare al bordo, lasciando giusto un paio di millimetri
- lasciate asciugare (io non l'ho fatto perchè avevo poco tempo)
- prendete il fil di ferro, quello morbido, e giratelo sull'imboccatura del barattolo in modo che la scanalatura del tappo formi uno scalino che ferma il barattolo; per fare la maniglia ingegnerizzatevi un po', è facile, ma ho visto che è meglio adattarsi alla durezza/morbidezza del fil di ferro e che non esiste una regola fissa (sul video, comunque, fa vedere come si fa)
- coprite il fil di ferro con del nastro, io ne ho usato uno in cotone recuperato da un regalo e ho rivestito anche la maniglia.
- mettete dentro una candelina (mica facile, il mio barattolo era alto!)
Ecco la lanterna di San Martino, forse non andremo a fare le processioni come si usa nel nord Europa, ma almeno ci teniamo in casa un po' di speranza.
E cosa facevano molti contadini dei secoli scorsi quando non trovavano più padrone?
Chiedevano l'elemosina in nome di San Martino che si era spogliato delle proprie vesti per aiutare i più poveri. E cantavano. E in base a ciò che ricevevano concludevano la canzone.
Se avevano ricevuto qualcosa dicevano:
E con questo la ringraziemo
Del bon animo e del bon cuor
Un altro ano ritorneremo
Se ghe piase al bon Signor
E col nostro sachetin
Viva, viva San Martin.
Se non ricevevano nulla, invece:
Tanti ciodi gh'è in sta porta
Tanti diavoli che ve porta
Tanti ciodi gh'è in sto muro
Tanti bruschi ve vegna sul culo.
(la canzone è veneta, se volete traduco: c'è qualche dubbio sui bruschi?)